Nota al testo

L’edizione è stata condotta su un esemplare conservato nell’archivio dell’autore, oggi presso l’Archivio di Stato di Perugia. Il dattiloscritto si compone di complessive 121 pagine, scritte su una sola facciata. Le pp. 1-120 comprendono l’Introduzione e i quattro capitoli in cui si articola il saggio; la pagina 121, non numerata, è quella dell’Indice. Assente l’appendice bibliografica che corredava lo studio. Per questa sappiamo essere stati utilizzati i numeri romani.

Sul frontespizio, a caratteri dattiloscritti: «r. università di pisa/Anno accademico 1933-1934/l’ultimo periodo della lirica leopardiana/Saggio di iii anno in/letteratura italiana/walter binni». Sullo stesso: in alto a sinistra alcune annotazioni manoscritte recanti i nomi dei relatori («Momigliano/Biadene/Amoretti»); tra l’intestazione e il titolo il timbro «6 giu. 1934 Anno XII E. F./Il Primo Segretario», seguito dalla relativa firma, a matita, e quello tondo della «R. Università degli Studi di Pisa»; a sinistra, tra il titolo e il nome del candidato, sempre a matita, l’indicazione autografa di quella che verosimilmente potrebbe essere la data della discussione: il «25 giugno 1934».

Al suo interno, il nostro esemplare rivela l’interloquire del testo con due differenti calligrafie: quella di Attilio Momigliano, che con i tratti spessi della matita ha affidato ai margini della pagina alcune impressioni di lettura; quella dell’autore intervenuto a rileggere il testo, ripensarlo, glossarlo, a penna, con pochi, sintetici suggerimenti. Da un confronto con i saggi d’argomento leopardiano seguiti a questo primo intervento, si può stabilire che le note di Binni sono di poco precedenti alla stesura della Nuova poetica leopardiana. Vi sono poi alcuni riferimenti a Il grande Leopardi di Malagoli (1937) e al Leopardi poeta dell’idillio di Figurelli (1941), che per evidenti ragioni di cronologia escludono che gli interventi apposti al testo siano stati funzionali alla stesura del saggio del 1935 (Linea e momenti della poesia leopardiana). Alla primavera del 1934, e dunque ad una prima rilettura del dattiloscritto, sembrano invece potersi ascrivere quasi tutte le correzioni di carattere ortografico.

Per quanto riguarda la trascrizione, ci è sembrato di non dover perseguire un criterio di assoluta fedeltà al testo, rispettandone anomalie o particolarità grafiche, riportando tutti gli interventi emendativi, segnalando cassature e l’interpolazione nella riga di una o piú parole. Perché se anche una simile cura avrebbe conservato al saggio la spontaneità con cui è stato scritto e corretto, ne avrebbe complicata la fruizione. Si è piuttosto deciso per una soluzione che permettesse di restituire al lettore un testo leggibile, rinunciando a radiografare l’insieme delle correzioni, peraltro poco significative da un punto di vista interpretativo. Nella restituzione dell’elaborato è stato cosí adeguato alla norma corrente l’uso degli accenti, si è omesso di segnalare le cancellature, sono stati rettificati errori e imprecisioni di battitura, riportando solo la versione definitiva. Alcuni interventi sono stati richiesti dalle odierne consuetudini tipografiche: il carattere corsivo è stato sistematicamente applicato dove segnalato da sottolineatura, e a indicare i titoli di poesie e prose (nel dattiloscritto, sembrano invece potersi ascrivere quasi tutte le correzioni di carattere ortografico.

Per quanto riguarda la trascrizione, ci è sembrato di non dover perseguire un criterio di assoluta fedeltà al testo, rispettandone anomalie o particolarità grafiche, riportando tutti gli interventi emendativi, segnalando cassature e l’interpolazione nella riga di una o piú parole. Perché se anche una simile cura avrebbe conservato al saggio la spontaneità con cui è stato scritto e corretto, ne avrebbe complicata la fruizione. Si è piuttosto deciso per una soluzione che permettesse di restituire al lettore un testo leggibile, rinunciando a radiografare l’insieme delle correzioni, peraltro poco significative da un punto di vista interpretativo. Nella restituzione dell’elaborato è stato cosí adeguato alla norma corrente l’uso degli accenti, si è omesso di segnalare le cancellature, sono stati rettificati errori e imprecisioni di battitura, riportando solo la versione definitiva. Alcuni interventi sono stati richiesti dalle odierne consuetudini tipografiche: il carattere corsivo è stato sistematicamente applicato dove segnalato da sottolineatura, e a indicare i titoli di poesie e prose (nel dattiloscritto fra virgolette doppie alte o con la lettera maiuscola); nelle citazioni sono state sempre introdotte le caporali («»); quelle piú lunghe di due o tre righe sono state riportate infratesto, in corpo minore. La cura risulta invece conservativa dei capoversi e dell’interpunzione originale.

Chiara Biagioli